Perché le candele sono così importanti?

Perché le candele sono così importanti?

Ci sono due occasioni nell’anno liturgico nelle quali papa Francesco celebra in una basilica di San Pietro illuminata (per un certo periodo…) solo dalle fiammelle delle candele tenute in mano dai fedeli.

La prima è la veglia di Pasqua (quest’anno Sabato Santo è il 31 Marzo), quando il buio del Venerdì Santo è squarciato dalla luce della Resurrezione di Gesù e in processione si porta all’altare il cero pasquale acceso.

La seconda occasione è il 2 febbraio , alla festa della Presentazione del Signore al tempio, che cade 40 giorni dopo il Natale. Una festa che tutti conosciamo come Candelora. Questo nome curioso (che proverbialmente fa rima con “dell’inverno semo fora” – è finito l’inverno) si riferisce alle candele benedette durante la celebrazione: è il ricordo di quella definizione di “Luce per illuminare le genti” riferita al bambino Gesù che troviamo nel Vangelo di Luca.

Ma perché le candele sono così importanti nella vita religiosa? Sono senz’altro il richiamo alla luce di Dio, il ricordo che tutto ha inizio in lui. Infatti la Bibbia comincia con: “Sia la luce. E la luce fu”. Poi è Gesù stesso a definirsi “vera luce” e a chiedere ai discepoli di essere “luce del mondo”. Sono pochi riferimenti, ma sono forse i più importanti per capire il grande ruolo delle candele nella liturgia. 

Pensiamo al Battesimo, per esempio, il sacramento che introduce alla vita cristiana. È cruciale il momento in cui il padre (o il padrino) accende la “candela del battezzato” cogliendo la fiamma del cero pasquale acceso per l’occasione. È il segno che ricorda che la fiamma va sempre alimentata e che il bimbo dovrà vivere “come figlio della luce, perseverando nella fede”. 

Da una candela a un cero (cioè una candela più grande): il cero pasquale, già citato. Richiama la Resurrezione, l’abbandono del buio del peccato per entrare nella vita nuova. Viene acceso alla Veglia di Pasqua, solitamente presso un fuoco benedetto dal sacerdote, fuori dalla Chiesa; poi il celebrante incide sul cero (o si limita a indicare, se il cero è “preparato”) una Croce, simbolo di Cristo, disegna le lettere alfa e omega (prima e ultima dell’alfabeto greco, indicano che Dio è il principio e la fine di tutte le cose) e infine scrive le cifre dell’anno. La processione entra poi in chiesa e i fedeli accendono le loro candele, vicino al cero, che al termine viene collocato sull’altare e resta acceso per 50 giorni fino a Pentecoste, quando si farà il rito dello spegnimento. È un passaggio simbolico: nella Pasqua abbiamo chiesto al Signore di illuminarci e ora, con la discesa dello Spirito Santo, diventiamo noi stessi “luce del mondo”. 

Il cero pasquale si accende sia nel Battesimo sia nelle esequie, per indicare che la morte è la vera Pasqua, la vera risurrezione per il cristiano. Durante le celebrazioni solenni, il cero, posto vicino al leggio o all’altare, è comunque acceso, come sono accesi sempre durante la messa i ceri nei candelabri sull’altare. 

I candelabri sono obbligatori e possono essere due o quattro o sei (nelle messe domenicali e nelle festività di precetto); se la messa è celebrata dal vescovo o dal papa, allora devono essere sette, magari portati in processione dai chierichetti.  

Le candele, però, accompagnano la vita del fedele anche fuori dalla liturgia. Accenderne una significa anche affidare la propria intenzione di preghiera al Signore, alla Madonna, ai Santi. Lo facciamo tutti: è un gesto semplice per superare un momento di difficoltà, per invocare la luce dall’alto per illuminare la nostra vita. Ed è un gesto incoraggiato dalla Chiesa, perché in qualche modo prolunga la preghiera, è un segno tangibile di fede, la richiesta di una benedizione. Fare un’offerta, poi, significa simbolicamente accompagnare le nostre parole con i “fatti”, con un piccolo sacrificio personale. 

Sempre più spesso, però, quando ci dirigiamo verso uno dei candelieri posti lungo i lati delle chiese, vediamo che le candele di cera sono sostituite da candele elettriche che si accendono dopo l’offerta.

In linea di principio non c’è differenza tra candele tradizionali ed elettriche. Certo, per rispetto, queste ultime non possono stare sull’altare o di fronte al Santissimo Sacramento o a reliquie, ma sono comode perché non costringono alla noiosa pulizia della cera; fanno risparmiare, perché durano più a lungo; sono sicure, perché la “fiamma” non incendia nulla e in effetti garantiscono che almeno una piccola offerta venga fatta, per avviare la “accensione”.

di Benedetta Capelli